“Cento micron” di Marta Baiocchi

Sono felicissima di questa uscita di Marta Baiocchi, una scrittrice eccezionale che sono orgogliosa di aver proposto per questa meritatissima pubblicazione con Miminum Fax. Questo romanzo è proprio bello, leggetelo. Questa la mia recensione:

Forse è nel color crema – che spesso ricorre tra le pagine di questo splendido romanzo – che troviamo una chiave di lettura: il bianco non è puro, ma sporcato. La pulizia, se c’è, è solo facciata, una stuccatura che non regge lo scrutinio di un secondo sguardo. Meno onesta persino dello sporco muffito e polveroso dei locali dove la protagonista Eva, quasi quarantenne ricercatrice di un Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma, lavora tentando caparbiamente di produrre risultati scientifici di rilevanza internazionale pur nell’abbandono tecnologico e architettonico in cui versa l’istituzione. Per contrasto, la sua amica vecchia Bibi, pariolina ricchissima e viziata, vive in un mondo quasi rarefatto per la sua distanza da quello reale. Un mondo tenue e color crema, in cui l’unico sudore è quello che si lascia sul tappetino di una palestra.
Ma non è una donna fortunata, Bibi: prima di riuscire a ottenere una gravidanza attraverso un impianto di embrioni suo marito muore in un incidente stradale, e lei, a seguito di una chemioterapia, è diventata sterile. Secondo la recente legge italiana sulla procreazione assistita gli embrioni pronti per una sua gravidanza non sono più impiantabili, ma lei decide di ottenerli dalla clinica presso cui dovrebbero essere custoditi a costo di pagare qualsiasi cifra, e commettere qualsiasi crimine. Ed Eva decide di aiutarla, nonostante tutto, imbarcandosi in un intrigo con dubbie e sospette diramazioni internazionali dove la puzza di pericolo aumenta con il crescere del profumo dei soldi.
Una trama avvincente che tiene sospesi, anche se non è questo il maggior punto di forza di questo potente esordio letterario di Marta Baiocchi, bensì la sua scrittura così intelligente, autorevole, ironica, brillante, la sua capacità di rendere le emozioni tacendole dalle parole per esprimerle attraverso i colori, gli ambienti, i gesti, gli abiti.
Si parla quindi anche del corpo delle donne, da un’angolazione diversa dal solito: dalla determinazione rabbiosa di una donna forte ma con un desiderio fragile: quello di essere madre, ferinamente madre, a qualsiasi costo madre.
Tantissimi i temi e i contenuti di questo lavoro, cerchiamo di vederne qualcuno con l’autrice.

Quanto ti assomiglia Eva?
Questo libro non è autobiografico, e, come si intuisce facilmente, non è una storia vera. Certamente, Eva esprime in alcuni punti interrogativi sulle tecnologie del presente e del futuro, che sono anche i miei. Esprime, inoltre, il disappunto che tanti ricercatori provano o hanno provato per un mondo che è ben lontano dall’immagine idealizzata della ricerca che molti di noi avevano da studenti. Nessuno dei fatti a cui Eva assiste nel racconto è mai accaduto tale e quale, tuttavia frasi, gesti, atteggiamenti, sono gli stessi che molti di noi di noi hanno visto e sentito tante volte, magari in posti e da persone diverse. Eva, tuttavia, è una donna più giovane di quello che io sono oggi, che perciò prova una rabbia e un desiderio di rottura che oggi penso di aver superato, che non posso più, sia un bene o sia un male, riconoscere come miei.

Temi che qualcuno dei tuoi colleghi si riconoscerà nelle descrizioni del Dipartimento di Ricerca? O lo faranno tutti?
C’è già qualche collega che mi dice: Eh, ma sei stata troppo cattiva con tizio, se legge il libro la prende male. Io casco dalla luna, perché a tizio non avevo pensato neanche per un attimo, scrivendo. È che, come dicevo, nel nostro, come credo in ogni ambiente, ci sono tipi di personalità, e meccanismi di rapporti e di potere ricorrenti, quasi codificati. Perciò, non mi meraviglia che molti possano riconoscere nei personaggi del libro alcuni aspetti del proprio capo, o del proprio studente, o del proprio collega.

È possibile che l’Italia riesca ancora a produrre risultati importanti nella ricerca, a livello internazionale, oppure se si vuole lavorare ad alto livello si è costretti a emigrare?
La ricerca in Italia non ha mai smesso, e probabilmente continuerà ancora, a produrre risultati importanti. Tuttavia, capacità e competenza rimangono per lo più confinati a individui e gruppi ristretti, che sembrano sempre nati e cresciuti quasi per caso. Invece, la capacità di creare centri di formazione e di ricerca che producano una autentica massa di conoscenza, adeguata alle necessità di un paese come il nostro, sembra continui a sfuggirci. Un sistema cristallizzato in cui troppo spesso prevalgono i cattivi rispetto ai buoni maestri, insieme alla crescente scarsità di finanziamenti, rischiano di rendere sempre più profondo il divario che ci separa dai paesi più tecnologicamente orientati. Sebbene solo pochi sembrino esserne consapevoli, il prezzo da pagare per queste scelte di inerzia potrebbe rivelarsi un giorno molto alto.

Nel suo aspetto etico il tuo messaggio è quello aperto del finale: “Quello che si può fare, qualcuno prima o poi lo fa.”. Ricorda un po’ Il terzo uomo, quando Orson Wells dice “Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent’anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù.”.
Beh, io in realtà non intendevo dare messaggi o risposte precise: mi interessava piuttosto porre questioni, suggerire punti di vista più semplici, più pragmatici, su questioni che spesso scatenano grande emotività. L’etica non può, a mio parere, essere ispirata a principi astratti, deve necessariamente e costantemente misurarsi con la realtà materiale. Con le scelte reali della gente. Perciò mi chiedo, sarà davvero possibile continuare a imporre divieti su tecnologie che rispondono a desideri e bisogni profondi, e che sono sempre più a portata di mano di tutti? Che sono proibite qui ma consentite cinquanta chilometri più in là?  La storia sembra dirci che a stento l’uomo è riuscito a imporsi qualche limite sulle tecnologie più atroci e distruttive (e speriamo che continui così), ma i principi morali si sono invece dimostrati molto duttili quando si sono scontrati col desiderio umano di una vita meno faticosa e difficile.

 

La poesia e lo spirito, Unonove, Slowcult