Discount or Die: l’arte della gioia secondo Valeria Brignani

“Discount or Die” (a cura) di Valeria Brignani, Nottetempo

Due vite fa abitavo in una villetta dove il mio (ex) marito sembrava volersi esercitare alla gestione di un ristorante: un porto di mare con pranzi e cene talmente estesi da rendere quasi improcrastinabile, a un certo punto, la visita alla toilette. In quella del piano terra per lungo tempo campeggiava un libro dal titolo asciutto e invitante “Guida al consumo critico”. Credo che l’editore abbia con me un debito di riconoscenza: piazzato lì, non ha mai mancato di attrarre l’attenzione dei nostri ospiti, e so che molti l’hanno poi acquistato. Mi auguro che anche loro l’abbiano poi riposto lì: nella toilette.
Credo che il libro di Valeria Brignani – raccolta delle migliori recensioni di prodotti da discount scelte dal blog che porta lo stesso titolo del libro – meriti la stessa sorte, o forse addirittura una sorte migliore: perché rispetto all’esaustivo, soddisfacente, motivato e preciso manuale di guida al consumo, Discount or Die ha qualcosa in più.
Per cominciare, la scrittura di Valeria Brignani: la sua grinta, la sua intelligenza e arguzia, la sua inventiva di metafore, situazioni, pensieri. Si può parlare di uno yogurt senza nome avocando Giulietta e Romeo, William e Kate e infine i Joy Division, senza che Valeria Brignani ti lasci mai la mano? E accostare tramezzini e gattini Ninja a David Foster Wallace si può? Certamente. E al grande DFW sarebbe piaciuto, molto, perché ci sono striature del suo mondo in questa concretezza così prosaica con vertigini di poesia, intuizioni che ti fanno salire e scendere dalle montagne russe del consumo e del suo antidoto.

Continua a leggere

“Romanticidio” di Carolina Cutolo

La pornoromantica ha commesso Romanticidio!

Io Carolina Cutolo l’ho vista una sera, una volta, prima di leggere il suo romanzo. Ero al suo bar e l’ho vista domare una gang di pischelli minorenni che avevano deciso di concedersi una serata brava proprio al suo locale, al quartiere Pigneto, a Roma.
Lei era una piccola Ariel agile e sinuosa, con i nervi scattanti da gatta di strada e palle fredde, ultrafredde; e li teneva lì buoni, i ragazzi, manico e frusta, nonostante avessero voglia di rogne, ubriachi un po’ sul serio e un po’ per finta, legnosi ma piagnoni, un po’ fascistelli, ganghettosi, pericolosetti. Ma lei neanche una piega: come un buttafuori cattivone col profilo di gesso, dominava il branco con fare tollerante ma scocciato, di chi è pronto (e lo sa far capire) a trasformarsi in un Giustiziere in tre secondi. Così l’ho vista, Carolina Cutolo, e dietro di lei mi sarei fatta piccina per nascondermi da quei teppistelli, lei maschio alfa senza esitazioni.
Così l’ho ritrovata, Carolina, nel suo Romanticidio. Un romanzo molto maschile e carino, che si legge quasi da solo, basta cominciarlo. Una prosa non particolarmente ricercata ma molto scorrevole, agile come lei, accattivante, a tratti furba, ma sempre con un pizzico di cuore. Cuor virile, certo, mica roba da signorine. Però alla fine spiazza, perché la Kattivona evolve e matura facendo una bella capriola, e pur senza rinunciare al suo cinismo decide di abbassare un po’ la guardia e prendersi quello che le spetta dalla vita e dall’amore. Sempre che… il finale è a sorpresa, un’altra capriola, ma quel che conta è la capacità allegra ma molto raffinata di creare una storia avvincente e simpatica, costruita su buoni ritmi narrativi.

Continua a leggere

“A Neopoli nisciuno è neo” di L. R. Carrino

Napoli l’ho scoperta da poco, affettivamente; non avendola concettualmente mai visitata o saputa prima, in due brevi visite l’ho trovata tutta diversa e tutta uguale a quella che pensavo, e ci ho cucito dentro quel sentimento che ti strappa per forza, se hai occhi sentimentali sulla bellezza. Chissà che effetto mi avrebbe fatto questa lettura, altrimenti, questa galoppata di nomi, situazioni, quartieri strade, alti e basci, questa puzza e questo profumo, queste speranze tritate che spremute hanno più succo di quello che il concetto di “neomelodico” riesce a esprimere mai.
Premetto che non amo il genere, e non lo amerò mai, perché sulla musica ho gusti totalmente diversi, ma è stato interessante capire cose c’è/c’era dietro, quante contraddizioni, per chi le vede tali non conoscendone i meccanismi, e quanto fluido senso invece contenga il mondo che questa musica esprime, così ancorata alla sua realtà da essere folcloristica nel senso più profondo del termine, ché “popolare” è più ambiguo.
Questo testo, scritto da Carrino con l’aiuto di Ettore Petraroli, esce dalla sua ottima penna come una lunga narrazione di persone, più che di personaggi: ognuno di loro ha poco del divo, è legato al luogo dove canta come avesse delle radici, ogni quartiere le sue ugole, come una spartizione, e il tributo dell’umiltà, il tributo ai fans, tutti o quasi lo devono e vogliono pagare, anche se non dà ricchezza ma spesso chi canta lo fa a feste private, più che a concerti, e spesso guadagna poco, a volte niente, sull’ingaggio.

Continua a leggere

“Il cameriere di Borges” di Fabio Bussotti

Devo premettere che nel corso degli anni dedicati al volontariato di lettura di inediti ho sviluppato un’allergia nei confronti di manoscritti il cui protagonista è un commissario di polizia (allergia doppia per quelli in cui il suddetto è alcolista e se la fa con una donna bellissima con tette enormi e occhi verdi, come di solito accade), e quindi ho cominciato questo romanzo con – come dire – alcuni pregiudizi. Presto svaniti, però, di fronte a una storia divertente e intelligente, con sfaccettature umane complesse e soprattutto una credibilissima rappresentazione dell’universo femminile. Non è poco, per me. Di solito i romanzieri, soprattutto se giallisti, dipingono donne improbabili, incoerenti, o troppo deboli o marziane, fumettistiche. Le due co-protagoniste di questo romanzo invece sono vere e interessanti.
Il plot è ricco, filmico, ambizioso perché coinvolge anche la repressione argentina, Borges, e persino Che Guevara, e pur presentando tutti i pregi (e anche qualche difetto) di una sceneggiatura, la scrittura tiene molto bene non solo nei dialoghi ma anche nelle parti narrative, dove le descrizioni dei luoghi e delle azioni è tridimensionale e di respiro. Anche grazie a questo (e non solo per la trama avvincente) la lettura procede spedita verso la conclusione che continua a “finire” per più capitoli, con le tessere – non solo dell’azione ma dell’affetto – che si ricompongono una ad una. Un libro molto carino, quindi, estivo ma non superficiale: piacevole con sostanza.

Continua a leggere

Wu Musica: narrativa incastonata nel suono

Un pezzo uscito per Slowcult e Music on TNT su due cd "narrativi", Pontiac e Arzestula, di Wu Ming.

Musica e letteratura a volte possono andare a braccetto con risultati sorprendenti, e la band di scrittori Wu Ming ne è uno degli esempi più interessanti in assoluto. Soprattutto Wu Ming 1 e Wu Ming 2 hanno sempre sentito forte la spinta a realizzare progetti che andassero ben al di là del “reading musicale”, portando la parola allo stesso livello di una partitura cantata, dove la voce non segue però una melodia ma si impone come uno strumento “in prosa”.
Chiaro che questa modalità espressiva, soprattutto per Wu Ming 2, prende una sua buona parte di radice dai Massimo Volume, la band che – fondamentalmente – ha inventato il genere. Infatti per Pontiac, storia di una rivolta, audiolibro illustrato a fumetti da Giuseppe Camuncoli e Stefano Landini che contiene un cd (non separabile) di musica con letture, Wu Ming 2 fa da voce narrante accompagnato proprio da Egle Sommacal, chitarrista storico della band bolognese, insieme a Stefano Pilia, altro eccelso chitarrista aggiunto ai Massimo Volume per l’ultimo album di cui abbiamo parlato anche qui. Per questo audiolibro è di nuovo al completo la splendida formazione con Paul Pieretto (principale compositore dei brani) ai bassi e all’elettronica, e Federico Oppi alla batteria, con cui Wu Ming 2 aveva portato in tour due altri spettacolo, Razza partigiana e Guerra agli umani, un estratto del suo romanzo solista. Per Pontiac, storia di una rivolta il legame con i romanzi di Wu Ming è molto diretto nel senso che anche se le narrazioni sono state create appositamente (e compiutamente) per questo audiolibro, il personaggio di Pontiac appartiene agli scenari del loro penultimo romanzo collettivo (Manituana). Continua a leggere

“Cento micron” di Marta Baiocchi

Sono felicissima di questa uscita di Marta Baiocchi, una scrittrice eccezionale che sono orgogliosa di aver proposto per questa meritatissima pubblicazione con Miminum Fax. Questo romanzo è proprio bello, leggetelo. Questa la mia recensione:

Forse è nel color crema – che spesso ricorre tra le pagine di questo splendido romanzo – che troviamo una chiave di lettura: il bianco non è puro, ma sporcato. La pulizia, se c’è, è solo facciata, una stuccatura che non regge lo scrutinio di un secondo sguardo. Meno onesta persino dello sporco muffito e polveroso dei locali dove la protagonista Eva, quasi quarantenne ricercatrice di un Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma, lavora tentando caparbiamente di produrre risultati scientifici di rilevanza internazionale pur nell’abbandono tecnologico e architettonico in cui versa l’istituzione. Per contrasto, la sua amica vecchia Bibi, pariolina ricchissima e viziata, vive in un mondo quasi rarefatto per la sua distanza da quello reale. Un mondo tenue e color crema, in cui l’unico sudore è quello che si lascia sul tappetino di una palestra.
Continua a leggere

Recensione a “Il nome giusto” di Sergio Garufi

Sincero, dolente, affettuoso, scoperto. L’esordio romanzesco di Sergio Garufi, blogger garbato e erudito, uno dei maggiori conoscitori di Borges in Italia, è un obiettivo centrato in pieno, emanativo di cultura e sentimento, in equilibrio tra passione e cesello, soprattutto linguistico. Una prosa simile a quella dei talenti italiani recenti, come Lagioia e Desiati, che si àncora certamente di più alla tradizione del dopoguerra come Bassani, Buzzati, Flaiano, ma anche l’Ugo Pirro autobiografico di “Solo un nome nei titoli di testa”, e soprattutto il magnifico Bianciardi de “La vita agra”, piuttosto che cercare di imitare una prosa moderna con artifici stilistici a effetto. Per quanto Garufi utilizzi glosse infrequenti a costo di apparire eccessivamente ricercato, è raro che le ostenti fino in fondo: le stempera di umiltà nel magma testuale fino a rasentare la autoumiliazione. È questo bilico che rende le sue pagine così larghe e persino eroiche, in alcuni momenti, ma al contempo così umane, commoventi e oneste.
Garufi racconta se stesso come fa da sempre nel suo blog, usando qui l’espediente romanzesco del morto che fa da io narrante, cucendo la trama della sua vita attraverso quella delle persone/personae che acquistano i suoi libri presso un venditore di volumi usati, Lino, con il quale condivide un pacato e rassegnato senso di fallimento di vita. Continua a leggere

Lezioni di vita, e anche di tango – Anna Mallamo, manginobrioches

Ogni volta che la nomino un amico di Reggio Calabria che mi è molto caro  mi dice “Messina non esiste”, con quel razzismo della campana che noi italiani ci trasciniamo dietro da medievali generazioni. Credo abbia ragione, però. Anna Mallamo,  Manginobrioches, re(g)gina prestata a Messina, teorizzatrice e praticante del modello politico del Matriarcato Calabrese, nella sua vita precedente era un distico elegiaco. In questa, è un tango. Un tango scrivente. Pura sensualità di parola, strazio e predominanza di femmina, non può che scrivere Anna Mallamo, solo logos brivido e sogno. Non importa sapere altro di Manginobrioches, lei è tutta qui nelle sue pagine, nel suo essere tango e argentina magnagreca, nelle sue milonghe messinesi che non ci sono, a destra di molte stelle. Quindi ha ragione il mio amico reggino: Messina non esiste, e Anna Mallamo ne canta l’evanescenza, la polvere brumosa che si allunga nello Stretto che lei unifica piantando un tacco su Scilla e l’altro su Cariddi, sapiente e utile come mai un ponte. Questo libro racconta tutto ciò che è indispensabile che la nostra anima sappia a proposito del tango, e della vita, se è per questo. Ne è propedeutico all’iniziazione: fa vibrare i tacchi che non portiamo e svolazzare i vestitini scollati e leggiadri che non abbiamo ancora osato acquistare. Ma lo faremo. Ah, se lo faremo. Continua a leggere

Recensione di Elisabeth, romanzo di Paolo Sortino

Nel suo saggio Das Unheimliche [Il perturbante, 1919] Freud teorizza che “Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare.”. Il titolo di questo saggio letteralmente significa “Il non-familiare”, laddove heimlich deriva dalla radice della parola tedesca “casa” (heim), che però come avverbio significa “di nascosto”, “in segreto”. Stessa cosa nello svedese, dove si va oltre: i due aggettivi derivati dalla stessa radice (hem) sono hemlig, che significa appunto “segreto”, e hemsk che vuol dire “orrendo/terribile”, ed è usato per esprimere il massimo grado dell’insopportabilità di qualcosa. Nell’inconscia percezione linguistica germanica, a quanto pare, nel familiare si annida l’occulto, l’inconfessabile, il mostruoso. Così in questo romanzo – teoricamente impossibile da leggere – che prende spunto da una storia vera che abbiamo letto in cronaca e che abbiamo cercato collettivamente di rimuovere, il più in fretta possibile: la storia di Elisabeth Fritzl, giovane austriaca segregata dal padre in un bunker segreto sotto casa per 24 anni, durante i quali è stata violentata, torturata, malmenata e vessata sotto ogni aspetto, dando alla luce ben 7 figli prodotti incestuosamente. Un parossismo di orrifica indicibilità che Paolo Sortino – neanche trent’anni ma un talento vero nelle mani – è riuscito a maneggiare in maniera quasi inesplicabile ovvero utilizzando le stesse tecniche che l’uomo usa dalla sua genesi cioè raccontandolo, creandone una fabula/favola, un mito tragico. Questo romanzo sarebbe illeggibile se non fosse una storia vera, sarebbe intollerabile. Ma lo è, e l’unico modo per sopportarlo, per subirne la catarsi, è leggerlo per intero, arrivare alla fine. Continua a leggere

Recensione del romanzo di Emilia Zazza

“Si sta facendo notte” di Emilia Zazza

Un romanzo breve ma densissimo: la prima prova di Emilia Zazza non è affatto timida ma assertiva, e tocca temi grandi e forti, che fanno pensare. C’è un quartiere di Roma, che i romani riconosceranno essere  il Pigneto, zona ex proletaria che ora vira verso il radical chic, perdendo la sua anima popolare (“Un parco a tema. Questo ne faranno”). C’è l’anima popolare che si perde da sola nel conflitto con i migranti, gli “ex-noi” che forse vogliamo dimenticare di essere stati; c’è il conflitto e la distanza delle generazioni, i buoni e i buonisti, i “giovani” che intuiscono quale sarebbe la direzione giusta, ma non sempre riescono a prenderla, storditi dall’iperstimolazione di modelli mediatici; c’è l’amicizia tra loro, la forza che tende l’arco di quegli incontri, quella che tutto riscatta, alla fine, con la Maggica a fare da cemento e collante. Pino, Mustafà e il Moretto sono ragazzi veri, che se giri per le strade del Pigneto incontri a ogni angolo. C’è il desiderio di andare via da lì, come se il quartiere portasse dentro una condanna: “Chi restava sapeva che tra male e bene non c’era differenza, non in quei posti. Tra il male e il bene c’era solo il caso.”. Il quartiere di Don Camillo e di Peppone dove i ragazzi scelgono lo scoutismo o il centro sociale.

La storia si dipana in immagini che, soprattutto all’inizio, di capoverso in capoverso alternano il presente al passato, cucendo insieme trame, famiglie, anime: capoversi corali come storie ascoltate per strada, quasi rubate con le orecchie, Continua a leggere